Sul diritto di voto in Spagna: la reciprocità

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Jeudi, 22 Mai, 2014
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Nel 1978, una prima pietra era stata deposta in Spagna a favore dell’uguaglianza tra tutti i cittadini. Tuttavia, per 30 anni, la principale comunità straniera in Spagna, quella marocchina, ne è stata esclusa.

La vita pubblica e politica spagnola è stata diretta dal regime autoritario e militarista del Generale Franco (1935-1975). Dopo la sua morte, è durante il periodo noto come la « transizione democratica » che la Costituzione spagnola è stata redatta, adottata e convalidata tramite referendum nel 1978. Già allora, la Spagna ha inserito nella sua costituzione il diritto di voto agli stranieri alle elezioni comunali sulla base della reciprocità.

Per essere più precisi, all’art.13 della Legge Fondamentale, viene sancito che « solo gli spagnoli sono titolari dei diritti riconosciuti nell’art.23, eccezione fatta, in virtù dei criteri di reciprocità, di disposizioni che potranno essere stabilite da un trattato o una legge riguardanti il diritto di voto attivo o passivo alle elezioni comunali ».

Il diritto di voto è uno dei « diritti riconosciuti nell’art. 23 » che afferma che « i cittadini hanno il diritto di partecipare agli affari pubblici, direttamente o attraverso rappresentanti liberamente eletti in elezioni periodiche a suffragio universale ».

Infine, la Costituzione spagnola è stata rivista (dopo il Trattato di Maastricht nel 1992) aggiungendo al diritto di voto quello di poter essere eletto a livello comunale e solo per i cittadini stranieri che aderiscono agli stessi diritti dei residenti spagnoli (cf. Hervé Andrès, « Réciprocité et droit de vote des étrangers en Espagne et au Portugal », Pages Europe, 4 mars 2013 – La Documentation française).

Il Principio di reciprocità

Come detto prima, il diritto di voto per gli stranieri in Spagna non è possibile a condizione di rispettare il principio di reciprocità con i cittadini originari di un terzo Paese.

In più le condizioni per un cittadino di cui il Paese d’origine ha concluso i suoi accordi, sono le seguenti: essere titolari di un permesso di residenza in regola; essere residenti in Spagna in modo ininterrotto negli ultimi 5 anni precedenti la loro domanda d’iscrizione sulla lista elettorale e votare nel comune spagnolo dove hanno la loro residenza abituale.

Questo principio di reciprocità era abbastanza restrittivo in quanto non solo il governo di destra condotto da José María Aznar ma anche il governo di sinistra di José Luis Rodríguez Zapatero (periodo segnato da regolarizzazioni massicce di lavoratori senza permesso) è stato ostile al riconoscimento di tale diritto a tutti i residenti stranieri.

Secondo Hervé Andrès, la Spagna esige non solo che gli Stati accordino il diritto di voto agli spagnoli, ma anche che tale accordo riposi su un dispositivo giuridico vincolante (trattato, convenzione, scambio di note diplomatiche che formalizzino l’accordo).

Poi dal 2008,  José Luis Rodríguez Zapatero ha condotto una politica estera molto offensiva con un ambasciatore incaricato di realizzare gli accordi di reciprocità e di andare a conquistarne di nuovi.

Tasso di partecipazione debole

Questa è una supposizione dato che un terzo dei residenti stranieri godrebbero del diritto di voto e  soddisfano le condizioni di maggioranza e di residenza.

Tuttavia, alle elezioni comunali del 2011, il tasso di iscrizione alle liste elettorali speciali è stato debole (14% del potenziale elettorato, secondo alcune fonti). Gli elettori extracomunitari iscritti sono circa    46 000, e quindi dieci volte meno numerosi degli elettori cittadini dell’UE (cf. Istituto nazionale statistico sui risultati delle comunali del 2011). Infine possiamo dire che la Spagna potrebbe andare più lontano in quanto i progressi fatti in tema di uguaglianza sono acquisiti e irreversibili. Questo Paese ci dimostra, a noi francesi, che l’evoluzione verso nuovi diritti senza alcuna conseguenza negativa sulla vita sociale e cittadina di un Paese a lungo torturato dai fantasmi totalitaristi è possibile.

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